Eataly: il lavoro secondo gli amici di Matteo Renzi.

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Foto “Penne Napoli at Eataly” by Muy Yum – flickr

Oscar Farinetti è il fondatore e padrone di Eataly. Ma è anche un grande amico e finanziatore delle campagne elettorali di Matteo Renzi il quale, nelle sue prediche su rottamazione e svolta dell’Italia, porta Farinetti come esempio di imprenditore di successo nonostante la crisi.

In vista delle tanto annunciate riforme del lavoro renziane, può valere la pena dare un’occhiata a come vengono trattati i lavoratori di Etaly e purtroppo, a vedere da quello che succede a Firenze, non c’è da stare allegri. Sabato 30 e domenica 31 agosto 2014 i lavoratori e le lavoratrici di Eataly Firenze sciopereranno per chiedere il ripristino di sane relazioni sindacali con l’azienda di Oscar Farinetti e soprattutto, scrivono in una nota, “il diritto ad un lavoro che sia dignitoso”. Alcuni siti come Altracittà.org invitano i consumatori, in occasione dello sciopero dei dipendenti di Eataly di domani e domenica, a boicottare e non comprare da Eataly (e nemmeno dopo se non rispettano i diritti dei lavoratori).

Questo il comunicato stampa dei lavoratori di Eataly con le motivazioni dello sciopero.

Abbiamo deciso di scrivere queste righe, da dipendenti di Eataly, conseguentemente alla notizia del nostro “licenziamento”, o, più formalmente, al non rinnovo del contratto. Andando con ordine, vorremmo cominciare sottolineando tre punti molto forti tratti dal Manifesto dell’Armonia di Eataly:

2. il primo modo per stare in armonia con le persone è saper ascoltare cercando spunti per cambiare o migliorare le proprie idee.

7. il denaro può allontanare dall’armonia. Bisogna avere sempre ben presente che il denaro è un mezzo e non un fine. Deve essere meritato.

9. l’armonia con le cose si ottiene ben sapendo che le cose sono di gran lunga meno importanti delle persone. Molto importante è invece la natura. Il primo modo per esserne in armonia è rispettarla.

Frasi semplici alla comprensione: le persone sono importanti, vanno sapute ascoltare, il denaro non è che un mezzo. Lasciando per ultimo il tema “monetario” ci chiediamo se le parole, queste parole, abbiano un senso. Eataly Firenze non ha mai conosciuto un’assemblea aziendale, mai e sotto nessuna forma. L’ultima volta che siamo stati tutte e tutti nella stessa stanza è stato il primo giorno di lavoro. Ricordiamo come siamo stati informati, tra una nozione di sicurezza antincendio e una di normative Haccp, del fatto che, appena possibile, avremmo avuto anche la possibilità di darci una rappresentanza sindacale. Ma se non sono previste assemblee aziendali, figuriamoci assemblee sindacali!

Eppure, di motivi per riunirci, l’azienda ne avrebbe in quantità: informarci dei cambiamenti in atto, renderci partecipi delle scelte riguardarti il personale, comunicarci anche sinteticamente il progetto dell’azienda… Non è normale infatti che un azienda, un’azienda fiorente ed in piena espansione, conti all’inaugurazione oltre 120 dipendenti e che, a meno di un anno dall’apertura, ne conti la metà. Su questo drastico taglio nessuna spiegazione è stata data a noi lavoratori. Né sui motivi per cui si debba venire a sapere dei turni settimanali con sole 24 ore di preavviso, né su tanti altri cambiamenti che si sono susseguiti da quel 14 Dicembre 2013 ad oggi.

Eppure siamo persone, e dovremmo, secondo la filosofia dell’azienda, essere importanti. Di gran lunga più importanti delle cose. E meno importanti delle cose, ci verrebbe da dedurre, sono i soldi… in fondo, sono solo un mezzo. Però la realtà non sta affatto così: noi siamo solo soldi, numeri, voci di spesa. Nessuno ci ha mai considerato davvero persone, ma ingranaggi da inserire nel “modello Eataly”, un modello basato sulla grande distribuzione di prodotti alimentari, una macchina in crescita che non può incepparsi sugli individui.

Ed è qui che arriva il discorso monetario. Eataly prevede nuove aperture a Piacenza, Verona e Trieste. E poi Londra, Mosca, San Paolo… insomma, parrebbe che quel che si dice sulla nostra azienda sia vero. Perché si parla di Eataly come di un’azienda modello, che cresce mediamente nel fatturato di oltre il 33%, un’azienda “che vince tutte le sfide”, per citare i giornali. Ma vogliamo proprio prendere le parole rilasciate dal nostro datore di lavoro, Oscar Farinetti: “Eataly fattura in Italia 100 milioni di Euro. Prevediamo di arrivare a 200 milioni nel 2014.”  L’ottimismo è il profumo della vita!

Ma allora perché il negozio di Firenze è aperto meno di un anno fa con più di 120 dipendenti, ora ne conta solo una sessantina? Perché si sta contraendo sempre di più il personale, costringendo talvolta a turni estenuanti i colleghi che si trovano a dover coprire il lavoro (che non manca!) dei dipendenti espulsi, mentre in altri reparti non si concede un’ora di straordinario neanche a chi la richiede?

Solo nell’ultimo mese accanto al nome di oltre 13 dipendenti è stato scritto “OUT”. 13 persone sono state lasciate, senza troppi fronzoli, senza lavoro. Abbiamo il diritto di sapere in che direzione va la nostra azienda, ce lo abbiamo in quanto dipendenti, ma ancora di più ce lo abbiamo se vediamo negato il nostro diritto di lavorare. Purtroppo alle continue richieste l’azienda ha sempre risposto freddamente e duramente, rifiutandosi non solo di convocare un’assemblea aperta a tutte e tutti i dipendenti così da avere risposte sul nostro futuro e, magari, potere anche dire la nostra, ma per di più la notizia del mancato rinnovo ci è stata fatta pervenire tramite i responsabili di reparto.

Quale serietà dimostra la dirigenza di Eataly rifiutandosi di incontrare i dipendenti che decide di licenziare? Per tutto ciò abbiamo deciso di convocare uno sciopero per le giornate di Sabato e Domenica 30 e 31 Agosto, per richiedere il ripristino delle condizioni di una sana relazione tra azienda e lavoratori, tramite una rappresentanza sindacale che possa evidenziare le numerose problematiche riguardanti le condizioni di lavoro e l’organizzazione dei turni, e soprattutto per difendere il diritto ad un lavoro che sia dignitoso.

Comunicato stampa dei dipendenti licenziati da Eataly – Firenze

Questa è la situazione dei lavoratori di Eataly Firenze, ma la cosa più triste è leggere su Wikipedia chi sono i proprietari di Eataly…. al 60% Oscar Farinetti (amico e finanziatore di Matteo Renzi ma soprattutto figlio del partigiano socialista Paolo Farinetti, comandante della 21ma Brigata Matteotti “Fratelli Ambrogio”, tra i fondatori della Repubblica Partigiana di Alba) e al 40%  Coop Liguria, Novacoop e Coop Adriatica (si, proprio “la Coop sei tu“). Non so perchè ma mi è venuta in mente una canzoncina di una volta. Come faceva quell’inno? Ah si!… “Compagni avanti, il gran Partito noi siamo dei lavoratori…”

p.s. per i più giovani l’inno è quello dell’Internazione e lo trovate qui

Attenzione al cliente: USA vs Italia.

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Foto “Gemellaggio a Little Italy” by htmvalerio – flickr

Negli ultimi giorni mi sono capitati due problemetti per cui ho dovuto contattare l’assistenza clienti di due grosse aziende, una negli U.S.A. e l’altra in Italia: Hard Rock Café dall’altra parte dell’oceano e Poste Italiane da questa parte… Vi racconto come è andata, poi traete voi le conclusioni…

Hard Rock Cafè

Il problema

In famiglia abbiamo la carta fedeltà dell’Hard Rock Café (tecnicamente “Vip Rewards Card”) dove vengono accumulati i punti ogni volta che compriamo qualcosa o mangiamo all’Hard Rock Café e la cui assistenza viene gestita online direttamente dagli Stati Uniti. A fine Ottobre  andiamo a mangiare all’HRC ma l’accredito dei punti non ci sembra corrispondente all’importo pagato e così decido di chiedere lumi…

Primo giorno. Scansiono lo scontrino con lo scanner e invio la foto tramite e-mail con i dati della carta al customer care negli Stati Uniti… In meno di 16 ore arriva la mail di risposta dalla sede centrale di Orlando (Florida). Il customer care ci spiega dettagliatamente perchè sono stati conteggiati meno punti, in base al regolamento dell’iniziativa. Ci ringraziano e rimangono gentilmente a disposizione per eventuali altri chiarimenti.

Poste italiane

Il problema

Ho una SIM Postemobile che uso saltuariamente e che mi è stata sospesa all’improvviso perchè da molto tempo non facevo nessuna ricarica. Sospensione che è arrivata tra capo e collo,  senza nessun avviso precedente da parte di Poste Italiane: ne’ un SMS ne’ un’email, niente!

Primo giorno. Telefono una prima volta all’assistenza al nr. 160. Cerco di parlare con un operatore e dopo aver dribblato tutti i messaggi registrati arrivo alla fatidica frase dove mi viene detto che finalmente posso parlare con un essere umano… Parte una musichetta e dopo, la solita voce registrata, mi dice che  la telefonata verrà interrotta perchè l’attesa per parlare con un umano è maggiore di 6 minuti. Così, di brutto, mi riattaccano in faccia. Sembra di aver scartato un chewing-gum degli anni ’70, di quelli con la scritta “Ritenta, sarai più fortunato”. Riprovo una seconda volta e una terza… stessa musica! E’ Sabato pomeriggio… desisto.

Secondo giorno. Richiamo il 160 il giorno dopo all’alba  e finalmente riesco a parlare con un umano. Mi dice che basta fare una ricarica in un ufficio postale e poi richiamare il 160 per aver riattivata la Sim… E’ Domenica, rimando tutto al Lunedì…

Terzo giorno. Vado alla posta e faccio la ricarica sulla Sim. Torno a casa, richiamo il 160, dribblo i messaggi registrati e parlo con un’umana femmina… Lei verifica il tutto, mi tiene occupato in linea per un bel po’ di minuti e poi mi dice che non può riattivarmi la SIM perchè questa è abbinata ad una carta postepay. Le dico che è la mia postepay, le recito tutti gli estremi della carta e le dico perfino che il saldo è di miseri 11€… Lei è inflessibile: non mi può riattivare la Sim. Devo andare sul sito delle poste, scaricare un modulo, riempirlo e mandarlo via fax ad un numero verde, con la fotocopia della mia carta di identità. Mi offro di mandare un’e-mail: non c’è verso, vogliono un fax per forza! E’ tardi e devo preparare la cena: rimando tutto al giorno dopo…

Quarto giorno. Trovo e scarico il modulo, lo riempio con una marea di dati… manca solo il numero dei capelli che ho in testa. Faccio la fotocopia della carta d’identità, mando via il fax e attendo… nel frattempo la SIM continua ad essere morta…

Quinto giorno. La Sim è ancora morta… aspetto tutta la giornata, poi richiamo il 160. Ormai conosco a memoria la combinazione di tasti per parlare in tempi ragionevoli con qualcuno in carne e ossa… L’umana, tale Valentina, mi dice che finalmente è tutto a posto: ricarica effettuata, fax ricevuto e pratica aperta… Mi immagino che lei adesso abbia davanti la videata con la mia situazione e che le basti cliccare sul pulsante “riattiva” per riportare in vita la mia SIM… Invece NO! La pratica deve fare il suo corso… Chiedo tra quanto tempo la sim verrà riattivata: dall’altra parte del telefono il silenzio impera. Supplico Valentina e alla fine, con un filo di voce e senza alcuna convinzione, mi dice che dovrò aspettare 3 o 4 giorni e che sarò avvisato con un SMS  spedito alla Sim disattivata (operazione inutile perchè se la Sim non è attiva l’SMS non arriverà mai e quando arriverà vorrà dire che la Sim è già attiva). Preso dallo sconforto le lascio un numero di telefonia fisso dove farmi avvisare sullo stato della pratica…

Sesto giorno. Attesa infruttuosa… Secondo le sacre scritture il Buon Dio in 6 giorni avrebbe creato l’universo e domani si sarebbe riposato. Poste mobile in 6 giorni non è riuscita a riattivare una Sim… meno male che alle Poste non han fatto creare il mondo perchè saremmo ancora al buio a vagare nel caos!

Decimo giorno.  Dopo aver atteso inutilmente per tre giorni richiamo il 160 e mi imbatto in Paolo, l’unico operatore che, alla fine, si dimostrerà veramente “umano” (intendendo stavolta come sensibile, pragmatico e con una discreta razione di “buon senso”). Paolo mi dice che la mia pratica è stata chiusa perchè la copia della carta d’identità inviata per fax era troppo scura e non si leggeva. Poi mi informa che non ero stato avvisato perchè l’unico recapito era la Sim disabilitata. Faccio presente che alla sua collega del 5° giorno avevo lasciato anche il telefono fisso di casa e che alla carta Postepay associata alla Sim c’erano associate alcune e-mail di cui una proprio delle poste (cioè @poste.it). Come in un assurdo gioco dell’oca Paolo mi dice che devo rifare tutta la pratica ripartendo da zero… cioè ricarica, moduli, fax e così via… Faccio presente che se mi dà una e-mail in due minuti gli rimando i moduli e la copia della carta di identità scannerizzati e leggibili, ma lui mi dice che non è possibile… A questo punto Paolo deve aver intuito il mio sconforto e improvvisamente gli scatta  una botta di buon senso e praticità… Così mi dice: «Senta, mi assumo io la responsabilità di riattivarle la Sim: se mi risponde a tutte domande la riattivo io senza farle fare il fax».  Inizio e recito come un rosario: nome, cognome, data e luogo di nascita, codice fiscale, indirizzo e città di residenza… Alla fine Paolo si convince che io sono io, che la Sim è la mia e con un  click me la  riattiva… Tempo circa 10 minuti e posso di nuovo usare il cellulare al 100% delle funzionalità e con tutto il credito residuo di oltre 30 euri…

Conclusioni

Ammettendo che io come consumatore non sono un granchè (non ho letto tutto il regolamento in inglese della Carta Fedeltà dell’Hard Rock Cafè e mi sono pure dimenticato di ricaricare la Sim Postemobile) resta il fatto che ho iniziato due pratiche lo stesso giorno: il 9 di Novembre… Quella negli Usa è terminata dopo 16 ore, quella in Italia il 18 Novembre e solo per il “buon senso” di un operatore…

E150D. Com’è la situazione del colorante cancerogeno, ad un anno dall’allarme?

Foto "Pouring Sodastream Cola" by Newsbie Pix - flickr
Foto "Pouring Sodastream Cola" by Newsbie Pix - flickr

La storia

Lo scorso anno, proprio in questo periodo, la rivista dei consumatori “Il Salvagente” uscì con un numero che dedicava molto spazio (a partire dalla copertina) al colorante E150D (caramello solfito-ammoniacale). Già dal 2007 diverse ricerche scientifiche avevano provato la cancerogenità del 4-MEI (4-metylimidazole), un sottoprodotto residuale derivante dalla lavorazione dei coloranti caramello a base ammoniacale (oltre all’E150D ci sarebbe anche l’E150C) che servono a dare il colore marrone ad una miriade di bevande e prodotti alimentari. Nel numero di Aprile 2011 della rivista Lancet fu pubblicata una ricerca dello Iarc, l’Agenzia internazionale di ricerca contro il cancro dell’Oms, nella quale il sottoprodotto 4-MEI (4-metylimidazole) veniva inserito nella lista delle 249 sostanze potenzialmente cancerogene per la specie umana (all’interno del cosiddetto gruppo 2B). Secondo quanto affermato anche dal Center for Science in the Public Interest (Cisp) negli esperimenti sui topi sarebbe stato dimostrato lo sviluppo del cancro al polmone, al fegato, alla tiroide e delle leucemie.

All’epoca feci una ricerca su internet e nei supermercati del mio quartiere e scoprii che il colorante si trova praticamente ovunque: dalle bibite (cole, chinotti, ginger, the), alle birre, alle caramelle, ai superalcolici, ai liquori digestivi, ai gelati, agli aceti balsamici, alla salsa di soia, agli snack, alle barrette dimagranti,  e (grazie alla segnalazione di trashfood) perfino nei succedanei del caviale. Purtroppo scoprii che, oltre alle grandi multinazionali delle cole,  anche il mondo del commercio equo e solidale, nel quale io credo fermamente, usava e (credo usi ancora) l’E150D. Tutte e due le bibite “marroni” del Commercio Equo (Guaranito e Ubuntu Cola) erano fatte col colorante incriminato. Sigh 😦

Dovendo fare una lista di prodotti, alla fine si fa prima a dire CHI NON USA IL COLORANTE E150D. I BUONI che io ho incontrato in questo anno sono: la COLA della COOP (prodotta da Nocera Umbra Fonti Storiche Spa e colorata con estratto di malto d’orzo), la COLA e il CHINOTTO ECOR di NATURASì (prodotti da Fonti della Galvanina e colorati con zucchero caramellizato). Magari ne esistono molti altri ma questi sono quelli che ho trovato io fra gli scaffali….

Ad un anno di distanza…

Ad un anno di distanza dalla pubblicazione della ricerca la situazione è molto diversa fra le due parti dell’oceano atlantico. Mentre in Europa la notizia è scomparsa quasi subito dai mass media, negli Stati Uniti l’attenzione è rimasta alta, sono state fatte petizioni, raccolte firme da parte delle associazioni dei consumatori tanto che, nelle settimane scorse, lo Stato della California ha abbassato i limiti di presenza del 4-MEI (4-metylimidazole) nelle  bibite in vendita nel suo territorio. Di conseguenza, per evitare di mettere sulle bottiglie la scritta che il prodotto potrebbe nuocere alla salute, sembra che Coca Cola e Pepsi, stiano per cambiare la composizione delle loro bibite, prima in California e poi in tutto il Nord America… L’Europa invece può aspettare…

Nel frattempo noi, quando compriamo qualcosa di marrone diamo un’occhiata all’etichetta!

Le  fonti dove ho reperito le notizie per questo articolo:

Diossina e alimenti inutili.

Return to the scene
foto "Return to the scene" by uncleboatshoes - flickr

Sto seguendo la situazione dei cibi tedeschi contaminati dalla diossina su vari siti e blog come:  Trashfood di Gianna Ferretti, il Fatto Alimentare (link1 , link2), Il salvagente. Tutti analizzano la questione, riportano dati, aprono dibattiti e fanno la storia delle varie frodi alimentari, senza però andare all’origine del problema e senza dire cosa dovrebbero fare i consumatori. Ho trovato un articoletto che, nella sua sincerità e semplicità,  mi ha colpito molto perchè con poche parole arriva al centro della questione… E’ di Mauro Rosati; vi metto un breve estratto:

Evitiamo di comprare Alimenti inutili.

E’ tornato prepotentemente alla ribalta il tema dell’origine del cibo che ogni giorno arriva sulle nostra tavola. A causa dell’allarme della diossina tedesca […] Casi di allarme in materia di sicurezza alimentare sono sempre di più all’ordine del giorno  e le motivazioni sono solo di tipo economico. Per dirla con semplicità : sempre più popolazione vuole il proprio frigorifero pieno; la crisi economica internazionale impone alle industrie di utilizzare materie prime di scarso valore; i terreni coltivabili iniziano a scarseggiare. Tutto questo si traduce in una modifica delle pratiche agricole  ormai totalmente condizionate da un’accelerazione dei cicli produttivi, dal ricorso alla chimica, agli OGM e la trasformazione impiega quasi esclusivamente di mezzi artificiali a sostituzione dei normali processi naturali. Non so fino a dove potremo spingerci. Un dato è certo: le grandi industrie alimentari e agroindustriali non si stanno facendo troppi scrupoli. I loro sonni sono molto più tranquilli dei nostri.  E pensare che per cambiare le cose basterebbe solo mangiare tutti un po’ meno e soprattutto non affollare la nostra dispensa con alimenti inutili messi in commercio solo per fare fatturato.

tratto dall’Articolo “Evitiamo di comprare Alimenti inutili.” di Mauro Rosati pubblicato sul sito http://www.maurorosati.it

Parole Sante! Avete ulteriori commenti da fare?

Storie di Pandori, Giornali e Pubblicità…

che buono il pandoro
foto “che buono il pandoro” by aluccia – flickr

Sono da anni un affezionato abbonato alla rivista dei consumatori “Il Salvagente” (più o meno da quando era un supplemento de l’Unità: saranno forse 20 anni?). Trovo che abbia dei servizi interessanti  che in molti casi mi sono stati utili nella vita di tutti i giorni.

C’è però una cosa che non sopporto: un giornale dedicato alla tutela dei consumatori dovrebbe non avere la pubblicità,  per coerenza e per fugare i dubbi che possono venire ai lettori/consumatori quando leggono certi test comparativi e certi consigli… Come lettore, se il giornale rinunciasse alla pubblicità e mi garantisse l’imparzialità, sarei disposto a spendere anche il doppio per comprarlo: lo vedrei come un investimento per la mia informazione!

Per capire di cosa sto parlando vi faccio un esempio sfogliando le copie de “Il salvagente” delle ultime settimane e analizzando i Pandori

  • Numero 46 del 25/11/2010 a pagina 2 c’è la pubblicità del Pandoro BALOCCO, mentre a pag. 51 c’è la pubblicità del Pandoro PALUANI
  • Numero 47 del 2/12/2010 a pagina 51 c’è la pubblicità del Pandoro BALOCCO.
  • Numero 48 del 9/12/2010 a pagina 2  c’è la pubblicità del Pandoro BAULI.

Quindi, riepilogando i tre numeri della rivista, in totale ci sono: 2 pubblicità per BALOCCO, 1 per PALUANI e 1 per BAULI

Il giorno 16/12/2010 esce il numero 49 della  rivista e a pag. 15 c’è il  test comparativo sui Pandori e qual’è il pandoro migliore di tutti? Indovina indovinello, apriamo la busta… the winner is Pandoro BALOCCO (con la votazione di Ottimo)! E chi sono i secondi a pari merito? PALUANI, BAULI e MELEGATTI (tutti con la votazione di Buono). Dietro, con votazione più bassa, ci sono tutti gli altri (Tre Marie, Motta, Maina e Del Colle). E’ curioso ma i primi tre Pandori sono quelli che hanno fatto la pubblicità nei numeri precedenti della rivista. Sicuramente sarà solo una banale coincidenza ma, come si dice di solito in questi casi, … “A pensar male si fa peccato ma spesso ci si azzecca!”  In ogni caso a questo link c’è l’articolo con la classifica dei pandori, potete verificare voi stessi…

Più in generale  come lettore e consumatore la mia fiducia nei mass media è inversamente proporzionale alla quantità di pubblicità che mi propinano… (più pubblicità = meno fiducia) e questo vale sia per le riviste online che per le cartacee, per la radio, il web e la tv. Ad ulteriore riprova posso testimoniare, avendolo vissuto in prima persona,  che il caos neve che c’è stato a Firenze  lo scorso Venerdì 17 Dicembre l’hanno raccontato meglio i blog che gli organi di stampa ufficiali!

p.s. Anche il sito web de “il Salvagente” mi sembra che abbia un po’ troppa pubblicità, per essere un sito di una rivista per la tutela dei consumatori…

 

Il cibo biologico Usa contiene pesticidi: una riflessione.

 foto USDA Organic Seal by edlabdesigner - flickr
foto "USDA Organic Seal" by edlabdesigner - flickr

Il logo che vedete qui a sinistra rappresenta il simbolo dei prodotti da agricoltura biologica degli USA  (la traduzione di “biologico” in inglese è appunto “organic”) ed è al centro di una polemica fra industrie e consumatori per la presenza di residui di pesticidi nei prodotti che in teoria ne dovrebbero essere privi.  Leggetevi questo interessante articolo apparso sul blog biologico al quale farò seguire alcune brevi considerazioni personali su certificazione biologica, consumi, industria, alimentazione e agricoltura.

USA: Cibo etichettato USDA Organic, ma contiene pesticidi

Infuria la polemica negli Stati Uniti sull’affidabilità del marchio federale per i cibi biologici, che spesso contengono tracce di pesticidi o altri agenti chimici.
Negli ultimi tre anni – afferma il Washington Post – il programma nazionale per l’organico ha ripetutamente abbassato gli standard, in seguito alle pressioni esercitate dai produttori, tra cui spiccano giganti alimentari come Kraft, Dole e Dean Foods. Con un giro di affari di circa 23 miliardi di dollari l’anno, l’organico rappresenta il settore più in crescita dell’industria alimentare statunitense.
Molti americani scelgono di mangiare biologico, affidandosi all’etichetta federale “Usda Organic”. Spesso però il marchio viene concesso a produttori che utilizzano sostanze chimiche e procedure non conformi alle norme, suscitando le polemiche delle associazioni dei consumatori e dei cultori dell’organico, rileva il Washington Post.
Un esempio è quello degli alimenti organici per bambini. Nel 2006 il Dipartimento per l’agricoltura aveva bandito l’uso di additivi sintetici dalle loro formule, mentre oggi queste sostanze si trovano nel 90% dei prodotti in commercio.
Si tratta di conciliare le esigenze di un mercato di massa con l’autenticità dei cibi organici: da una parte i produttori chiedono standard più flessibili, dall’altra i consumatori pretendono che al marchio corrisponda non solo un prezzo più alto, ma anche un valore aggiunto.
Le associazioni dei consumatori confidano nell’amministrazione Obama che, proponendo di raddoppiare le risorse per l’organico, sembra intenzionata a favorire un cambiamento della situazione.

tratto dall’articolo di Giovanni Bertizzolo pubblicato il 7/7/2009 su Blogbiologico.it

Nonostante la crisi abbia fatto crollare i consumi alimentari, ci sono anche in Italia alcuni settori che nel 2008 hanno registrato una crescita di domanda e di fatturato, addirittura a due cifre, come i prodotti da agricoltura biologica (vedi questo articolo) e quelli del commercio equo e solidale (vedi questo articolo). Allo stesso tempo esiste una crescita di modelli di acquisto alternativi alla grande distribuzione, come i Gruppi di Acquisto Solidale e i  Farmers Market.

E’ logico che anche la grande distribuzione e le multinazionali abbiano “fiutato l’affare” e si siano anch’esse buttate sul biologico ma purtroppo, facendolo secondo le loro logiche di profitto e di produzione industriale di massa, si sono comportate come un elefante in una cristalleria. Negli Usa le grandi corporation hanno fatto pressione per allentare i limiti e gli standard per i residui chimici nei prodotti alimentari e di fatto, una volta allentati i limiti, il biologico non è stato più un vero biologico. Perciò io mi domando: è possibile che cose simili possano accadere anche da noi? Possono essere compatibili la scelta del biologico con la produzione industriale di massa e la grande distribuzione? Logicamente non ho la risposta a queste domande ma alcuni consigli posso darli:

  • Preferire l’acquisto di generi alimentari biologici da piccoli produttori locali certificati, direttamente in fattoria o attraverso i Gas e i Farmer market, comprando prodotti di stagione, possibilmente a km. 0.
  • Rivolgersi al biologico della grande distribuzione e delle multinazionali soltanto in caso d’impossibilità di acquisto presso produttori locali.
  • Acquistare le “materie prime” biologiche e farsi da soli i cibi biologici, evitando il più possibile i prodotti lavorati industrialmente…. Per capirsi, prima di acquistare la confezione di biscotti o merendine biologiche è meglio comprarsi uova fresche, latte, burro e zucchero bio e farsi i dolci da soli… Lo stesso vale per qualsiasi altro prodotto alimentare trasformato industrialmente (dai ravioli, al gelato, alla pizza o alla zuppa di pesce).

Una guida sulle assicurazioni

Foto assicurazione sulla vita by papaitox - flickr
Foto "assicurazione sulla vita" by papaitox - flickr

L’associazione per la difesa dei consumatori Movimento Difesa del Cittadino (MDC), insieme alla Banca FriulAdria Crédit Agricole ha pubblicato un interessante libretto con la “Guida alle Assicurazioni” col sottotitolo “Tutto quello che bisogna sapere prima di sottoscrivere una polizza assicurativa.”

Il libretto, che è molto interessante, si occupa di R.C. Auto, di Polizze sulla Casa e di Assicurazioni sugli infortuni e sulle malattie. Il testo è scritto in modo semplice e chiaro e contiene anche un glossario con la spiegazione dei termini più tecnici.

A questo indirizzo potete scaricare la versione in pdf del libretto

Qui invece potete leggere la presentazione dell’iniziativa dal sito della banca FriulAdria…

E’ curioso che una banca metta in guardia i cittadini dalle assicurazioni. Adesso attendiamo un’assicurazione che ci faccia una guida analoga per difendersi dalle banche…

Scusate la battuta, ma se fossimo nel libro di Pinocchio diremmo che il Gatto ha fatto una guida per difenderci dalla Volpe e perciò attendiamo anche il manuale  scritto dalla Volpe per difenderci dal Gatto….

La rimodulazione di Tim e Vodafone: come è andata a finire…

***

Lo scorso 10 Settembre 2008 su questo blog apparve un interessante articolo dal titolo “Tim e Vodafone: occhio alla rimodulazione… “ in cui si mettevano in guardia gli utenti di Tim e Vodafone in merito alla cosiddetta rimodulazione che, annunciata con un SMS alquanto  enigmatico, avrebbe comportato un cambio tariffario con notevoli aumenti a partire dal 1° Ottobre 2008. A margine dell’articolo si consigliavano alcuni piani tariffari alternativi per limitare i danni e si faceva notare che non fare niente (cioè accettare i piani tariffari proposti dai due gestori telefonici) era la peggior cosa perchè avrebbe comportato forti maggiorazioni dei costi…

Come mai ad oltre 5 mesi dall’articolo, ritorno sull’argomento? Semplicemente per raccontarvi come è andata a finire…

Ieri l’Antitrust, su denuncia dell’associazione dei consumatori Altroconsumo,  ha multato Tim e Vodafone per 500.000 € ciascuno per modifica dei piani tariffari fatta in modo unilaterale, sistematico e senza fornire le adeguate informazioni al consumatore. Ecco parte della notizia apparsa sul sito di Altroconsumo.

L’Autorità garante della concorrenza e del mercato ha sanzionato Tim e Vodafone, con una multa di 500 mila euro ciascuno, per modifica unilaterale e sistematica dei piani tariffari senza fornire adeguate informative al consumatore. La denuncia era partita da Altroconsumo. […]

La mancanza di informazione e trasparenza ha impedito agli utenti di conoscere le caratteristiche delle nuove tariffe, le modalità di attuare la portabilità del numero da un operatore all’altro e le modalità di rimborso del credito residuo. I rincari, da noi calcolati per tipologio di utilizzatori medi, vanno da 49 a 83 euro all’anno, con picchi d’aumento sulle singole telefonate di oltre il 100%.

[…]

Aumento dei costi mensili: 15 chiamate la settimana da circa 2′
Tariffa Aumento annuo in euro
Tim Club 49,08
Tim Unica 49,08
Tim Unica New 55,08
Tim Zer0Scatti 49,08
Vodafone Sera 66,72
Vodafone Italy 83,40
Vodafone 4You 62,40

Fonte: Altroconsumo, febbraio 2009

Aumento del costo di una chiamata media (circa 2 minuti)
Piano tariffario Tipo di chiamata Aumento percentuale
VODAFONE
Sera Ricaricabile in Euro modificato in VF Sera Effettuata durante il weekend +30%
Effettuata in giorno feriale alle 13.00 +34%
Italy Ricaricabile in Euro modificato in VF Italy Verso utente Vodafone +15%
Verso utente di altro operatore +29%
4You modificato in VF 4 You Verso utente Vodafone +29%
Verso utente di altro operatore +30%
TIM
Tim Club Qualunque chiamata +16%
Unica Qualunque chiamata +14%
Unica New Qualunque chiamata +12%
Zer0Scatti Verso telefonini Tim +20%
Verso altri operatori +7%

Fonte: Altroconsumo, febbraio 2009

tratto dall’Articolo “Tariffe telefonia mobile: Antitrust multa Tim e Vodafone su segnalazione Altroconsumo” apparso sul sito di Altroconsumo

Tutta questa situazione sarebbe stata la palestra ideale per un’azione di Class Action ma purtroppo la legge che dovrebbe garantire il risarcimento collettivo è stata rinviata al prossimo Luglio e rischia di restare impantanata in Parlamento… per cui niente rimborso agli utenti di Tim e Vodafone. 

Altroconsumo ha perciò lanciato una petizione in rete per l’entrata in vigore della Class Action che potete firmare QUI.

In ogni caso questo blog è fiero di avervi  già avvertito lo scorso 10 Settembre 2008…

*** foto “Someone’s Dead Cell Phone” by Arthaey – flickr

I calzini da running, la conoscenza su internet e il cucchiaino nella bottiglia di Champagne…

***

Voglio raccontarvi una storia interessante che mi è capitata in questi giorni e che comincia da un paio di calzini da running… per passare a considerazioni molto più ampie sulle bugie,  sullo scambio di conoscenze su internet e termina con un cucchiaino d’argento infilato in una bottiglia di Champagne. Leggete tutto l’articolo e scusatemi se è un po’ lungo…

I fatti

Ad un gruppo d’acquisto che  frequento viene segnalato il sito  internet e il catalogo di una ditta che vende oggetti per la casa e per il benessere della persona, per cui decido di visitarlo e di dare il mio parere… Il sito e il catalogo sono molto ben fatti, con delle bellissime foto ed una serie di convincenti didascalie che, con argomenti pseudo-scientifici, illustrano le qualità dei vari prodotti (ma guardandosi bene dal riportare dei dati scientificamente verificabili e confrontabili). L’effetto  emozionale del sito e del catalogo è ben riuscito: l’utente medio ha veramente l’impressione di avere di fronte una ditta seria, sensibile all’ambiente, attenta alle materie prime e che si prende cura del benessere delle persone. Il problema maggiore è che i prezzi sono molto alti rispetto a prodotti simili di altre ditte, ma forse si potrebbe pensare che si tratta dell’inevitabile costo da pagare per avere una qualità maggiore…

Osservo in primo luogo i panni in microfibra per pulire i pavimenti… costano il triplo di panni simili che compro alla Coop e nella didascalia non c’è niente di scientificamente provato che ne giustifichi il prezzo triplicato… Poi la mia attenzione passa ad un non meglio precisato “calzino atletico”, disponibile in due misure (35-40 e 41-45) venduto al costo di 14,50€ al paio e qui mi arrabbio veramente…

Ad un podista non toccate mai le scarpe e i calzini, perchè i runners hanno una cura maniacale ed una conoscenza tecnica al di fuori del normale per quanto riguarda questi oggetti… D’altra parte sono il mezzo con cui il podista gareggia. Se dovessimo fare una proporzione matematica diremmo che le scarpe e le calze stanno al podista (es. Stefano Baldini), come la bici sta al ciclista (es. Paolo Bettini) e come la moto o  l’automobile stanno ai piloti (es. Felipe Massa o Valentino Rossi).

Il calzino nel catalogo, con rinforzi sul tallone e in punta, più leggero sopra il piede, con un escursione di numeri tanto ampia (misura 35-40 e misura 41-45) è un banale calzino da running che costa al dettaglio 3,00 € al paio se con cuciture, oppure 5,00€ al paio se è del tipo senza cuciture. In pratica è identico ai calzini che a volte vengono regalati agli iscritti alle gare podistiche: con una cifra che sta tra i 3,00€ e i 5,00€ ci si iscrive ad una gara e si ricevono in omaggio uno o due paia di calzini di quel tipo. A dire il vero, nei negozi specializzati in running esistono dei calzini molto tecnici che costano dai 13,00 a 15,00€ ma non hanno niente a che vedere col calzino propinato al nostro Gruppo d’Acquisto a 14,50€ dalla ditta del “benessere”: i calzini “supertecnici” innanzitutto hanno un range di misure più strette (tipo 38-39, 40-41, 42-43), hanno dei rinforzi migliori, la parte superiore del calzino è completamente diversa e soprattutto sono differenziati, cioè sono distinti tra calzino destro e calzino sinistro…in pratica sono dei guanti!

Morale della favola: un podista come me, mediamente informato, riconosce che il calzino venduto a 14,50€ dalla ditta  promotrice del benessere e della natura non vale neanche  un terzo del suo prezzo e perciò ho scritto al gruppo dicendo:  – non ho esperienza sugli altri articoli presenti nel catalogo, ma se sono tutti come il  “calzino atletico” qui c’è di mezzo una bella fregatura… –

La riflessione

Questo spunto mi ha portato ad una riflessione sull’informazione ai tempi di internet. Se cerchiamo su internet informazioni su qualsiasi campo  del sapere, troviamo sicuramente degli esperti in tutte le discipline che mettono a disposizione gratuitamente le loro conoscenze per tutta la comunità. In questo senso Wikipedia è l’espressione massima di questa collaborazione ma anche molti blog sono utili in questo senso. Volete sapere come riprodurre una pianta per talea? Cercate un blog di un esperto di giardinaggio e scoprirete come fare. Volete informazioni su un certo additivo o conservante in un cibo? Andate su un sito di qualcuno che si occupa di scienza dell’alimentazione e troverete le risposte che cercate.  Spesso i testi universitari e i blog di professori e ricercatori sono una miniera di informazioni favolosa.  Mi è capitato di frequentare un forum di medicina dove ho visto i pazienti passarsi testi e ricerche universitarie, anche straniere e discutere con competenza sugli interventi che avevano subito e sugli esiti delle  cure che stavano seguendo.  Logicamente è bene essere chiari, per non incorrere in equivoci: non è leggendo un trattato su internet che si diventa chirurghi o medici, ma se il paziente medio è in grado di comprendere i termini medici e conoscere le ragioni delle cure che gli vengono proposte questa mi sembra una buona cosa…

Vi domanderete  cosa c’entra tutto questo col calzino da running… E’ presto detto: le bufale su Internet vengono smascherate subito… Provate a scrivere qualche scemenza su un forum o su un blog e dopo poche ore ci sarà un esperto che vi smentirà e vi farà fare una figuraccia, portando dati e prove scientifiche a suo favore… Le ditte che vogliono rifilare bufale o i politici che promettono e non mantengono devono capire che su internet le bugie non hanno le gambe corte… di più… hanno i piedi attaccati direttamente al tronco, come ET l’extraterrestre…

Volete una riprova semplice e divertente? Avete mai sentito dire che mettendo un cucchiaino d’argento in una bottiglia di Champagne  aperta, le bollicine non svaniscono? Bene, leggete questo articolo del chimico e ricercatore Dario Bressanini e troverete la risposta scientifica e divertente a questa bufala…  Miti culinari 4: il cucchiaino nella bottiglia

Buona Lettura e Buon divertimento!

— Aggiornamento del 25/02/2009 —

Domenica scorsa 22/02/2009 ho partecipato alla gara podistica non competitiva «Trofeo B. Sasi» a Grassina.  Con 3,50€ di iscrizione ho ricevuto:

  • 1 paio di calzini da running syprem
  • 250 gr di caffè
  • 1 kg di pasta (penne)
  • ho partecipato ad una corsa con assistenza sanitaria e 3 ristori di cui l’ultimo veramente ottimo e abbondante…

Capito signora ditta “VIPqualcosa” dal calzino atletico a  14,50€?

*** foto 9.15.07 by zingersb – flickr