E150D. Com’è la situazione del colorante cancerogeno, ad un anno dall’allarme?

Foto "Pouring Sodastream Cola" by Newsbie Pix - flickr
Foto "Pouring Sodastream Cola" by Newsbie Pix - flickr

La storia

Lo scorso anno, proprio in questo periodo, la rivista dei consumatori “Il Salvagente” uscì con un numero che dedicava molto spazio (a partire dalla copertina) al colorante E150D (caramello solfito-ammoniacale). Già dal 2007 diverse ricerche scientifiche avevano provato la cancerogenità del 4-MEI (4-metylimidazole), un sottoprodotto residuale derivante dalla lavorazione dei coloranti caramello a base ammoniacale (oltre all’E150D ci sarebbe anche l’E150C) che servono a dare il colore marrone ad una miriade di bevande e prodotti alimentari. Nel numero di Aprile 2011 della rivista Lancet fu pubblicata una ricerca dello Iarc, l’Agenzia internazionale di ricerca contro il cancro dell’Oms, nella quale il sottoprodotto 4-MEI (4-metylimidazole) veniva inserito nella lista delle 249 sostanze potenzialmente cancerogene per la specie umana (all’interno del cosiddetto gruppo 2B). Secondo quanto affermato anche dal Center for Science in the Public Interest (Cisp) negli esperimenti sui topi sarebbe stato dimostrato lo sviluppo del cancro al polmone, al fegato, alla tiroide e delle leucemie.

All’epoca feci una ricerca su internet e nei supermercati del mio quartiere e scoprii che il colorante si trova praticamente ovunque: dalle bibite (cole, chinotti, ginger, the), alle birre, alle caramelle, ai superalcolici, ai liquori digestivi, ai gelati, agli aceti balsamici, alla salsa di soia, agli snack, alle barrette dimagranti,  e (grazie alla segnalazione di trashfood) perfino nei succedanei del caviale. Purtroppo scoprii che, oltre alle grandi multinazionali delle cole,  anche il mondo del commercio equo e solidale, nel quale io credo fermamente, usava e (credo usi ancora) l’E150D. Tutte e due le bibite “marroni” del Commercio Equo (Guaranito e Ubuntu Cola) erano fatte col colorante incriminato. Sigh 😦

Dovendo fare una lista di prodotti, alla fine si fa prima a dire CHI NON USA IL COLORANTE E150D. I BUONI che io ho incontrato in questo anno sono: la COLA della COOP (prodotta da Nocera Umbra Fonti Storiche Spa e colorata con estratto di malto d’orzo), la COLA e il CHINOTTO ECOR di NATURASì (prodotti da Fonti della Galvanina e colorati con zucchero caramellizato). Magari ne esistono molti altri ma questi sono quelli che ho trovato io fra gli scaffali….

Ad un anno di distanza…

Ad un anno di distanza dalla pubblicazione della ricerca la situazione è molto diversa fra le due parti dell’oceano atlantico. Mentre in Europa la notizia è scomparsa quasi subito dai mass media, negli Stati Uniti l’attenzione è rimasta alta, sono state fatte petizioni, raccolte firme da parte delle associazioni dei consumatori tanto che, nelle settimane scorse, lo Stato della California ha abbassato i limiti di presenza del 4-MEI (4-metylimidazole) nelle  bibite in vendita nel suo territorio. Di conseguenza, per evitare di mettere sulle bottiglie la scritta che il prodotto potrebbe nuocere alla salute, sembra che Coca Cola e Pepsi, stiano per cambiare la composizione delle loro bibite, prima in California e poi in tutto il Nord America… L’Europa invece può aspettare…

Nel frattempo noi, quando compriamo qualcosa di marrone diamo un’occhiata all’etichetta!

Le  fonti dove ho reperito le notizie per questo articolo:

A Formaggio donato… non si guarda in bocca!

toronto island sheep
foto "toronto island sheep" by Duchamp - flickr

Di solito non si dovrebbero criticare i regali che si ricevono, soprattutto se sono fatti da persone care ma purtroppo a volte certi doni sono proprio fuori luogo e sicuramente si meritano almeno un post… Nella mia famiglia sanno benissimo che compro quasi esclusivamente prodotti biologici e a km zero e che i miei acquisti li faccio per la maggior parte tramite il mio Gruppo d’Acquisto Solidale o nei farmer market… Eppure a Natale qualcuno ha pensato bene di regalarmi una forma di pecorino del supermercato che io non avrei mai comprato… Il formaggio  che compro io è di solito biologico, fatto da piccoli pastori toscani e come ingredienti ha solo latte, caglio e sale. Visti gli ingredienti semplici  del mio formaggio si potrebbe mangiare anche la crosta ed in effetti le croste vengono messe da parte per  il cagnolino di mia suocera…

Invece leggete un po’ gli ingredienti del pecorino nero dei colli senesi (però stranamente prodotto in provincia di Arezzo) che mi hanno regalato: ….

Latte di pecora, Fermenti, Caglio, Sale, Trattato in crosta con polimeri E203, E235, E172 e olio di Oliva – Crosta non edibile.

Dopo aver letto gli ingredienti che rendono la crosta non edibile ho fatto una breve ricerca su  google che vorrei condividere con voi, facendo una piccola ma importante premessa. Io non sono ne’ un chimico ne’ un biologo, sono un semplice curioso che vorrebbe capire meglio cosa mangia e che, di conseguenza, si diverte a cercare informazioni gironzolando nel web. Prendete perciò la ricerca che ho fatto con le molle… è un puro e semplice divertimento dove la parte più curiosa è stata scoprire in quali altri campi vengono usati i famosi polimeri che sono stati spalmati sul mio … cacio!

Ma partiamo dal fondo dell’etichetta.

“crosta non edibile” è la frase che mi inquieta di più…  vorrebbe dire che la crosta non si può mangiare o meglio, secondo il significato del termine edibile trovato sul sito dell’Accademia della Crusca, si dovrebbe dire più o meno… crosta da non mangiare perchè pericolosa. Ora io mi domando: dov’è il confine preciso fra la parte non edibile della crosta e la parte edibile del formaggio? Se devo togliere la crosta al formaggio quanti millimetri sono non edibili e quanti sono edibili? E se mi sbaglio nel taglio?  Ci vorrebbe una bella riga rossa sul confine tra la parte edibile e quella non edibile…  E poi, chi garantisce sulla eventuale migrazione delle sostanze pericolose dalla buccia al corpo del formaggio, magari sotto alla linea rossa?

E ora passiamo ai polimeri:

E203 Calcio Sorbato – Conservante antimuffa e antimicrobico. E’ di solito considerato innocuo e non tossico. Secondo vari link viene usato: nella crosta dei formaggi (soprattutto in Francia e Italia),  nei grassi e oli (escluso d’oliva), nella margarina, nel burro, nel ripieno di ravioli, tortellini e simili,  nella maionese, nelle marmellate, nei succhi di frutta, nella panificazione e nei prodotti da forno, nei canditi, nel sidro,  nelle creme dessert, nelle albicocche secche,  nelle pizze surgelate, nelle macedonie, nelle gelatine,  nelle bibite, nelle minestre concentrate, nello yogurt, negli alimenti per animali, nei cosmetici e nei prodotti farmaceutici.  (fonti: link1, link2, link3, link4, link5, link6 ).

E235 Pimaricina – Natamicina – Antibiotico antifungino usato contro le eventuali muffe… Si avete letto bene: è un farmaco antibiotico solitamente usato in medicina contro varie infezioni fungine, dai genitali alla bocca, alla pelle e molto probabilmente è lui che rende la crosta non edibile.  C’è in rete diverso materiale per cui vi metto alcuni  estratti e un paio di  link per approfondire:

Natamicina: […] Antibiotico polienico prodotto dalla crescita di Streptomyces natalensis. È un agente antifungino indicato per il trattamento locale di candidiasi, tricomoniasi e delle micosi oculari (cheratite fungina, infezioni da Fusarium solani). È stata utilizzata anche nella aspergillosi. Viene somministrata topicamente come sospensione al 2,5% o come crema dermatologica al 2%, per via orale per trattare la candidiasi intestinale e per inalazione per il trattamento di infezioni dei polmoni e del tratto respiratorio.

La natamicina sul sito www.glossariomedico.it

Leggiamo adesso cosa scrive Roberto Albanesi in merito alla Natamicina e anche … all’altezza a cui va tagliata la crosta del formaggio:

La natamicina è un antibiotico antimicotico a struttura polienica tetraenica, isolato dalle colture di Streptomices natalensis. La natamicina è attiva contro i microorganismi del genere Candida, Torulopsis, Rhodotorula, Aspergillus, Microsporum, Trichophyton, Epidermophyton e Scopulariopsis. Viene utilizzata in infezioni della bocca, dei piedi e dei genitali. Perché parlarne se è un farmaco?
Perché purtroppo è impiegato anche nell’industria casearia in alcuni tipi di formaggio come il provolone (non tutti i provoloni la contengono: leggere l’etichetta) ed è identificata dalla sigla E235.
La natamicina può essere applicata per immersione dell’alimento nella soluzione disinfettante oppure con spray di una soluzione che contiene da 200 a 300 parti per milione di additivo (200-300 mg per litro). La normativa europea richiede che la natamicina non sia presente a una profondità superiore ai 5 mm sotto la crosta: mezzo centimetro è comunque un margine di sicurezza insufficiente perché spesso la crosta del formaggio che si scarta ha uno spessore di soli 2-3 mm.
Notiamo che l’uso della natamicina ha praticamente solo fini estetici per evitare che la crosta presenti muffe o colori disomogenei e si presenti liscia e uniforme.
È sospetta come additivo? – La natamicina è stata utilizzata prevalentemente come farmaco topico per uso esterno (dermatologia, oculistica) e quindi, a parte rarissimi casi di allergia, non ha mai dato grandi effetti collaterali. Sono usciti recentemente farmaci antimicotici in compresse a base di natamicina (Natacyn in compresse), ma è troppo presto per verificare gli effetti indesiderati. In letteratura si trova che per dosi da 5 a 8 mg/kg (300-400 mg per un adulto, una dose nemmeno tanto elevata) i principali effetti collaterali sono nausea, vomito e diarrea.
Il problema è però nell’usare un farmaco come additivo alimentare. Molti medici hanno sollevato il problema della resistenza contro questo antibiotico da parte dei batteri che vengono in contatto con esso. In altri termini,  a loro avviso, il suo impiego nell’industria alimentare ne ridurrebbe di molto la portata come farmaco perché i batteri che dovrebbe sconfiggere sono diventati resistenti a esso a causa del contatto prolungato nel tempo attraverso i cibi.

tratto dall’articolo “La Natamicina” di Roberto Albanesi dal sito www.albanesi.it

Infine un estratto dal sito UK Food Guide

Natamycin (Pimaricin) is an antimyotic food additive used to protect cheese from mould and yeast growth. The use of natamycin on cheese allows manufacturers to produce cheese that is acceptable to the aesthetic demands of consumers by eliminating the growth of mould and yeasts that occur during aging and storage.Other benefits include reducing the risk of mycotoxin growth and a longer shelf life. It is also sometimes used medically to treat candidiasis. May cause nausea, vomiting, anorexia, diarrhoea and skin irritation. Typically found in the rinds of cheeses, and some meat products.

Tratto dalla pagina sulla Natamicina dal sito Uk Food Guide.

Altri link interessanti sulla Natamicina (da Wikipedia FranciaLa Natamicina sul sito dell’Efsa)

E172 Ossido e idrossido di ferro – Colorante innocuo composto da ferro e ossigeno e usato per dare il colore nero alla crosta (ma c’è proprio bisogno che la crosta sia nera?). Detto in parole povere, l’Ossido di ferro non è altro che  una versione sintetica e con un alto grado di purezza di quella che comunemente chiamiamo… ruggine! Giallo, rosso, marrone, arancione e nero sono i colori alimentari che si possono creare tramite l’E172 ma con l’ossido di ferro si possono fare un sacco di altre cose:  dai pigmenti per le ceramiche e per il vetro alle vernici antiruggine, dai toner ai nastri magnetici fino ai prodotti per le saldature per finire con un esplosivo come la termite. (fonti: link1, link2, link3)

Olio di oliva – L’ultimo ingrediente, forse usato  per lucidare la crosta, è l’olio d’oliva… Dopo tutto quello che abbiamo visto fino ad ora, non sarebbe meglio mettercelo extravergine?

Conclusioni

Dopo tutto questo articolo chiedo a chi è più esperto del sottoscritto se è più sano il pecorino biologico della mia amica Sandra che ha il difetto di avere una crosta bitorzoluta, giallognola e che dopo alcune settimane può fare un po’ di muffa  o se è meglio il pecorino del supermercato con la crosta liscia, lucida e nera come un paio di scarpe nuove, ma che non viene mai attaccato dalla muffa…

E contro le infezioni da Candida conviene forse fare degli impacchi con le croste di pecorino? 😉

 

 

Sugarstacks: basta un poco di zucchero…

Colas
Foto "Colas" dal sito Sugarstack.com

Ci sono notizie e fatti che leggiamo e conosciamo anche da tempo, ma alle quali non prestiamo molta attenzione, fino a quando non arriva qualcuno che ci “apre gli occhi” con una foto od un’immagine, più eloquente di tanti discorsi… (per la serie “se non vedo non credo”).

Nei giorni scorsi mi sono imbattuto in “Sugar stacks.com” un sito statunitense che ha fatto una cosa banale… Ha contato la quantità di zucchero presente  nei vari cibi e bevande e l’ha rappresentata con una pila di zollette, che è più convincente di qualsiasi discorso… Così scopriamo che la classica lattina di Cola da 355 ml, contiene 39 gr di zucchero pari alla bellezza di 9 zollette e mezzo da 4 gr. l’una… Avreste mai pensato che una bevanda fresca, che va giù tutta d’un fiato, contenesse tanto zucchero?

Il sito passa in rassegna bevande, merendine, snack,  cereali da colazione, frutta,  cibi pronti, ognuno con la sua pila di zollette… Logicamente, come dicono i curatori, le pagine usano le zollette di zucchero come aiuto visuale, semplificando un po’ il problema in quanto gli zuccheri possono essere diversi (saccarosio, fruttosio, miele, zucchero di canna,  sciroppo di mais..) ed ognuno viene metabolizzato in modo diverso, però l’operazione (pur banale) rende bene l’idea…

Sugarstacks.com ha anche fatto una seconda pila… ovvero la pila delle carote. Nella videata dedicata ai vegetali scopriamo che anche le carote contengono dello zucchero, ovvero una zolletta da 4 gr ogni 85 gr. Di conseguenza è possibile misurare a quante carote corrisponde la quantità di zucchero presente nei cibi e nelle bevande…  Lo zucchero contenuto nella bottiglietta di Cola,   che è al centro della foto in alto (16 zollette e mezzo), corrisponde allo zucchero contenuto in 1,383 kg di carote… per la gioia di Bugs Bunny… e forse delle nostre/vostre diete!

Carrot Coke
Foto "Carrot Coke" dal sito Sugarstacks.com